Questo è il testo dell'editoriale del primo numero di "Territorio. Rivista di impegno civile", a firma del direttore responsabile della rivista.
di Ugo Maria Tassinari
Questa rivista nasce da una lunghissima gestazione e ha radici profonde. La stessa scelta della testata, pur evocativa, non deve trarre in inganno sulla base di analogie suggestive. Il primo "Territorio", come ci racconta Renato Cantore, che fu tra i protagonisti di quella avventura editoriale, dispiegò il suo breve e intenso ciclo vitale nella stagione formidabile e tremenda della solidarietà nazionale. Ora la drammaticità della crisi che attanaglia il Paese è di tutt'altra natura: trentacinque anni non sono passati invano. Alla rapace aggressività della finanza internazionale si accompagna una spaventosa inadeguatezza di una maggioranza manifestamente implosa ma la risposta non può essere una variante riveduta e corretta dei governi di unità nazionale. Il limite della democrazia dell'alternanza è la sua incompiutezza e l'inadeguatezza del quadro legislativo non certo la sua logica ferrea.
Di quella stagione ci piace piuttosto quello che un tempo chiamavamo il protagonismo delle masse, che a un centrosinistra infiacchito impose un'ineguagliata sequenza di riforme civili e sociali (dai diritti civili allo statuto dei lavoratori, dall'abolizione delle gabbie salariali alla chiusura dei manicomi). Oggi in tempi di democrazia liquida e di partiti leggeri, quello che ci interessa è il movimento degli individui che, grazie anche alla potenza della Rete, fanno massa critica e trasformano la realtà, come insegna la trascorsa "primavera arancione".
Quando abbiamo messo mano alla progettazione del primo numero di "Territorio" - frutto di un notevole lavorio di concertazione della redazione allargata - eravamo ancora in pieno inverno e, pur in presenza della evidente dissoluzione politica del centrodestra, la sua tenuta parlamentare lasciava prevedere né il netto spostamento dei rapporti di forza elettorali né, tantomeno, l'irruzione sullo scenario politico del "popolo della Rete" come soggetto autonomo determinante. Tutta la dinamica della crisi era interna alla coalizione di governo e l'opposizione brillava per la sua fragorosa inutilità.
Il tema scelto per il dorso centrale della rivista, che in ogni numero sarà una corposa monografia, era stato, pertanto, la crisi del governo urbano, a partire dall'osservatorio privilegiato del nostro Mezzogiorno: da Taranto a Cosenza, da Napoli a Potenza. In corso d'opera c'è toccato operare una discreta correzione di rotta.
Proprio Milano e Napoli, i luoghi simbolo dello strapotere del centrodestra e della catastrofe etica ed estetica del centrosinistra, ci hanno consegnato infatti i segni forti di una speranza rinata.
In particolare la fortuna capitata a Napoli col voto amministrativo è qualcosa di irripetibile, forse anche non meritato, ma tant’è: sotto il Vesuvio è possibile partecipare ad un movimento politico-istituzionale che potremmo definire rivoluzionario rispetto a quanto visto finora. Certo, il Comune è quasi in bancarotta, alcune questioni -dall’endemica dei rifiuti fino a quella del lavoro- sono drammatiche. Ma, contemporaneamente, esistono condizioni favorevoli: la miseria dei partiti di ogni schieramento, l’entusiasmo e la voglia di partecipazione di una parte consistente di popolazione, la convinzione e la disponibilità di de Magistris e del resto del suo intorno, istituzionale o meno.
Certo è bizzarro che tocchi proprio all'ex pm di Toghe lucane, che pure qualche danno in Basilicata l'ha prodotto, ergersi a paladino del riscatto politico della capitale del Mezzogiorno. Ma per fortuna ci sono più cose nella vita di quante ne passino per le nostre povere teste. E al racconto di questa realtà in divenire "Territorio" si dedicherà, candidandosi a esserne luogo di narrazione e di riflessione.
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