Che la Basilicata non fosse quell’isola felice immaginata qualche tempo fa lo si era capito da tempo, chi aveva coniato quella definizione forse si riferiva ad una cinquantina d’anni fa. La terra dei boschi, la Lucania, con il cambio ufficiale della denominazione in Basilicata ha cominciato a perdere il suo “rustico” fascino, con la civilizzazione e l’industrializzazione si è cominciato a fare i conti con il lato “b” del benessere.
Conclusasi l’epoca della crescita si è cominciato a fare la conta dei danni all’ambiente e con tante emergenze.
La Basilicata venne scelta per investimenti statali, nacque il polo chimico a Tito Scalo e nella
Valbasento, industrie di Stato che dopo qualche tempo cessarono di produrre e lasciarono gravi disastri ambientali. In Valbasento si produssero per anni manufatti in fibra d’amianto ed oggi non si conta più il numero dei morti per le patologie connesse alla lavorazione del pericoloso elemento e permane la criticità di una bonifica che tarda a venire su un territorio vastissimo e pieno zeppo di discariche abusive che hanno inquinato il terreno e le falde acquifere.
Anche nella zona industriale di Tito Scalo ci sono bombe ecologiche che attendono il disinnesco.
In questi giorni è scoppiato il caso Fenice, un inceneritore sorto per le esigenze di smaltimento dei rifiuti industriali della Sata e dell’indotto ma dopo che gli impianti sono passati ai francesi dell’EDF si cominciato a bruciare di tutto, oltre ai rifiuti industriali sicuramente pericolosi, sono arrivati i rifiuti ospedalieri e rifiuti solidi urbani dei comuni del circondario ed i timori di chi si opponeva alla costruzione del termo-distruttore si sono puntualmente materializzati. Da 10 anni Fenice ha inquinato sicuramente le falde acquifere con il complice silenzio di chi è deputato a vigilare, per ora ci si accapiglia per stabilire le responsabilità e si assiste ad uno squallido scaricabarile fra i politici e dirigenti dell’ARPAB, alla fine varrà il detto “tutti colpevoli, nessun colpevole”.
Ma le emergenze ambientali dovute all’attività dell’uomo nella nostra regione non si limitano all’inquinamento prodotto da Fenice, in Valdagri l’estrazione del Petrolio non avviene a rischio zero, tutt’altro, oltre al sicuro inquinamento dell’aria pare che anche nel sottosuolo i danni siano gravissimi, se è vero, come è vero, che nella diga del Pertusillo si sono trovate tracce di pericolosi inquinanti.
Nel capoluogo di Regione un impianto che sicuramente immette in atmosfera residui di metallo oltre che diossina, non è sottoposto ad adeguato monitoraggio e gli stabilimenti della Siderpotenza oggi venutisi a trovare in mezzo ad un territorio urbanizzato continuano a rendere l’aria insalubre in regime di proroga di vecchie autorizzazioni, il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata da 6 anni non trova il tempo di rilasciare l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale che dovrebbe tutelare chi ci vive vicino alle ciminiere dello stabilimento).
Dio sicuro non è conclusa la vicenda delle scorie nucleari che, caso più unico che raro, causò il sollevamento dell’intera regione nel 2003, qui da noi un pericoloso deposito di scorie già ce lo abbiamo, è all’interno dell’ENEA a Rotondella, ma si vocifera che voglio deturpare i nostri “calanchi” per costruire il famigerato “deposito unico di scorie nucleari”
Non stanno bene molti fiumi che per lunghi tratti sono delle fogne a cielo aperto. Tantissime le discariche abusive molte delle quali di rifiuti pericolosi.
Altro che isola felice o Basilicata “verde”. Molte delle responsabilità per questo stato di cose è da imputare a leggerezze della politica, si è autorizzato a cuor leggero insediamenti che hanno prodotto solo danni e non benessere o occupazione.
Rimettere le cose a posto è opera titanica, soprattutto quando non c’è la volontà politica di tutelare i lucani.
Conclusasi l’epoca della crescita si è cominciato a fare la conta dei danni all’ambiente e con tante emergenze.
La Basilicata venne scelta per investimenti statali, nacque il polo chimico a Tito Scalo e nella
Valbasento, industrie di Stato che dopo qualche tempo cessarono di produrre e lasciarono gravi disastri ambientali. In Valbasento si produssero per anni manufatti in fibra d’amianto ed oggi non si conta più il numero dei morti per le patologie connesse alla lavorazione del pericoloso elemento e permane la criticità di una bonifica che tarda a venire su un territorio vastissimo e pieno zeppo di discariche abusive che hanno inquinato il terreno e le falde acquifere.
Anche nella zona industriale di Tito Scalo ci sono bombe ecologiche che attendono il disinnesco.
In questi giorni è scoppiato il caso Fenice, un inceneritore sorto per le esigenze di smaltimento dei rifiuti industriali della Sata e dell’indotto ma dopo che gli impianti sono passati ai francesi dell’EDF si cominciato a bruciare di tutto, oltre ai rifiuti industriali sicuramente pericolosi, sono arrivati i rifiuti ospedalieri e rifiuti solidi urbani dei comuni del circondario ed i timori di chi si opponeva alla costruzione del termo-distruttore si sono puntualmente materializzati. Da 10 anni Fenice ha inquinato sicuramente le falde acquifere con il complice silenzio di chi è deputato a vigilare, per ora ci si accapiglia per stabilire le responsabilità e si assiste ad uno squallido scaricabarile fra i politici e dirigenti dell’ARPAB, alla fine varrà il detto “tutti colpevoli, nessun colpevole”.
Ma le emergenze ambientali dovute all’attività dell’uomo nella nostra regione non si limitano all’inquinamento prodotto da Fenice, in Valdagri l’estrazione del Petrolio non avviene a rischio zero, tutt’altro, oltre al sicuro inquinamento dell’aria pare che anche nel sottosuolo i danni siano gravissimi, se è vero, come è vero, che nella diga del Pertusillo si sono trovate tracce di pericolosi inquinanti.
Nel capoluogo di Regione un impianto che sicuramente immette in atmosfera residui di metallo oltre che diossina, non è sottoposto ad adeguato monitoraggio e gli stabilimenti della Siderpotenza oggi venutisi a trovare in mezzo ad un territorio urbanizzato continuano a rendere l’aria insalubre in regime di proroga di vecchie autorizzazioni, il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata da 6 anni non trova il tempo di rilasciare l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale che dovrebbe tutelare chi ci vive vicino alle ciminiere dello stabilimento).
Dio sicuro non è conclusa la vicenda delle scorie nucleari che, caso più unico che raro, causò il sollevamento dell’intera regione nel 2003, qui da noi un pericoloso deposito di scorie già ce lo abbiamo, è all’interno dell’ENEA a Rotondella, ma si vocifera che voglio deturpare i nostri “calanchi” per costruire il famigerato “deposito unico di scorie nucleari”
Non stanno bene molti fiumi che per lunghi tratti sono delle fogne a cielo aperto. Tantissime le discariche abusive molte delle quali di rifiuti pericolosi.
Altro che isola felice o Basilicata “verde”. Molte delle responsabilità per questo stato di cose è da imputare a leggerezze della politica, si è autorizzato a cuor leggero insediamenti che hanno prodotto solo danni e non benessere o occupazione.
Rimettere le cose a posto è opera titanica, soprattutto quando non c’è la volontà politica di tutelare i lucani.
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